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I
MISSIONARI OBLATI A RIPALIMOSANI |
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Due
circostanze sono all’origine della venuta
dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a
Ripalimosani: il vivo desiderio della popolazione
di riavere i religiosi al convento e l’assidua
ricerca da parte dei missionari di una sede
per il Noviziato.
Gli Oblati italiani, per decenni
strettamente legati alla provincia religiosa
di Francia, raggiunta una certa consistenza
di vocazioni e di opere, sentivano la necessità
di avere un Noviziato proprio. |
Rapido
sviluppo
Il Convento
di Ripa offriva le migliori garanzie per il
raccoglimento, la preghiera e lo studio. I Novizi
erano edificati dalla generosità, laboriosità
e religiosità del popolo e questo a sua
volta era fiero della presenza dei Novizi che
reputavano una grazia del Signore pei vantaggi
spirituali e materiali che ne ricavavano.
I Novizi studenti furono affiancati da Novizi
laici e il numero crebbe fino alla ventina.
Nel periodo estivo il numero raddoppiava per
la presenza simultanea dei postulanti. |
Gli
Oblati al tratturo |
Il popolo ricorda
ancora con nostalgia le lunghe sfilate di chierici
dai cappelli larghi e le sottane lunghe e la
fascia al vento, a passeggio lungo il regio
tratturo, al fiume Biferno o alla Madonna della
Neve, a Faifoli o a mete più lontane
come Ielsi, Gildone, S. Angelo Limonano, S.
Biase.
Spesso partecipavano a feste religiose, a chiusura
di missioni, col canto sacro in Chiesa e col
folklore ai banchetti. |
Con il Noviziato Ripa fu anche
attivo centro missionario. Fin dai primi anni
gli Oblati predicavano missioni ed esercizi
al popolo. Si accattivavano la stima dei Vescovi
e dei parroci che a gara chiedevano predicazioni
di ogni genere.
Primo nella memoria e nella stima il P. Celeste
Francesco, da Castelnuovo Monterotaro, con la
sua parola dotta e suadente, la bella voce e
i bei gesti, egli trascinava le folle.
Coadiuvato dal P. Immè che univa austerità
e bontà con accento profetico scuoteva
e inteneriva i cuori di tanti peccatori. P.
Michele Cipolla, severo castigatore della moda,
era ricercato e apprezzato per il suo servizio
umile e nascosto.
Chi non ricorda P.
Abramo Sebastiano? Egli gode ancora di un
ricordo quasi leggendario per il suo dinamismo
febbrile, il tono taumaturgico, la predicazione
popolare, feconda di frutti spirituali e…materiali:
tra gli episodi più caratteristici il
ritorno dalla missione di S. Giovanni in Galso
a suon di fanfara con muli e asini carichi di
provvidenza per il Noviziato
La Rettoria S. Celestino
Il servizio della chiesa è
stato assiduo e proficuo. Benché fuori
mano è stata sempre frequentata dalla
popolazione, attratta dalle belle funzioni,
dalla disponibilità dei confessori, dalla
direzione spirituale dei Padri.
Attorno alla chiesa del Convento fiorivano varie
associazioni. Oltre quelle tradizionali alcune
originali. Come non ricordare “i luigini”
fondati dal P. Celeste? I solenni mesi mariani,
il ricco repertorio di canti religiosi e ricreativi:
egli aveva tracciato un solco difficile a cancellarsi.
P. Abramo mantenne salde le tradizioni, coadiuvato
da una schiera di giovani Padri i quali non
trovavano ambiente migliore per un tirocinio
di pratica missionaria. |
I
Giovani di Azione Cattolica
Le
zelatrici dell'AMMI |
L’azione Cattolica si
distinse per numero e vitalità riscotendo
premi ed encomi a livello diocesano e nazionale
nelle gare di cultura catechistica.
Tra le molte iniziative ebbe un posto preminente
la Filodrammatica che vanta almeno 50 anni di
attività.
Essa ha coinvolto intere generazioni di ripesi:
studenti, professionisti, operai, contadini,
artigiani, ragazzi, giovani e anziani…tutti
hanno rivelato un talento non comune.
Molto lo si deve al P. Immè che fin dai
primi anni aveva creato una vera scuola di declamazione.
Negli anni 60 fiorì finanche “l’operetta”
guidati dal P. Candeloro.
Da sottolineare che fu per la bravura di questi
giorni che nello stesso periodo si poté
affrontare la polifonia classica con risultati
davvero encomiabili.
L’Associazione
missionaria
Per giudizio unanime la perla
delle associazioni è stata l’associazione
missionaria di Maria Immacolata (AMMI): tra
le più folte e dinamiche della Congregazione! |
Le Zelatrici
ripesi furono l’anima di ogni iniziativa
e di ogni apostolato dei Padri: per il loro
zelo, la loro intelligente mediazione i missionari
potevano aver contatto con tutta la popolazione
e nei diversi settori, dai piccoli agli anziani,
dai contadini agli artigiani, ai professionisti,
dai fedeli al clero col loro venerando arciprete
D. Gaetano Sabatino. Il motto “Ripa oblata”
non è affatto enfatico ma una realtà
che abbracciava tutti i ripesi.
I missionari in genere e
i Novizi in modo particolare erano come figli
adottivi del paese. In ogni ricorrenza: festività
religiose, compleanno, onomastico, il primo
pensiero pei Novizi, era l’occasione per
mandare qualcosa al Convento, dai dolci alla
biancheria. I missionari in Italia e all’estero
ricordano con commossa gratitudine i pranzi
coi maccheroni “alla chitarra”,
“gli gnocchi”, il tradizionale agnello,
dono della Sagra Di Penta, per il Giovedì
Santo, ma anche fuori il tempo pasquale; e il
tutto innaffiato da buon vino delle rinomate
cantine Di Paolo, Camposarcuno, Tagliaferri,
Vitantonio o di contadini ripesi.
Penso però che il frutto più bello
delle associazioni e dei sacrifici dei Padri
siano le tante vocazioni di sacerdoti, di religiosi,
di suore in Ripa e nel Molise, molti ancora
in piena attività in Italia e all’estero
e altri che hanno già raggiunto la casa
del Padre.
Menzione particolare merita S. Alfredo Di Penta,
fondatore dei “Figli dell’Amore
Misericordioso”.
Restauri
Nonostante i molti adattamenti
il Convento era ancora malandato si presentava
come una casa di campagna abbandonata, i tetti
fatiscenti, il piano terra occupato ancora dalle
stalle, nei dormitori era necessario l’ombrello
per difendersi dalla pioggia e di qualche arnese
per difendersi dai…topi.
Le nuove leve accusavano disagi che rendevano
più difficile la formazione al punto
di indurre i superiori a trasferire il Noviziato
in altra sede.
Ma una delegazione del paese, capeggiata dal
commendatore Michele Di Penta, commosse fino
alle lagrime l’Assistente Generale (ed
era un tedesco!) che fece revocare la decisione.
Ma fu necessaria una radicale ristrutturazione
per dare alla fabbrica un volto nuovo e rendere
il convento degno delle glorie passate.
Ciò avvenne negli anni 37-38-39 su progetto
dei fratelli Tonino e Lino Di Penta e per la
generosità della stessa famiglia e di
tutti i religiosi.
Il Noviziato fu trasformato in vero cantiere
di lavoro. Chi non ricorda i Novizi di quegli
anni intenti a cavar pietre, trasportare macigni,
pietre squadrate e montagne di calcinacci!
Manovali intelligenti e assidui intorno a capomastri
rispettabili come mastro Ernesto da Petrella,
mastro Evangelista Della Ventura e tanti altri.
Ne venne fuori un conventino a modo e a dire
dello stesso P. Generale “uno dei più
belli della Congregazione”.
Qualche anno dopo partirono all’attacco
anche i giovani di A.C. col loro contributo
si ricavò il campo sportivo dal terreno
accidentato di cave di pietre, acquitrini e
rottami, riuscendo magnificamente nell’intento.
Fu restaurata la Federazione, creati nuovi locali
per le riunioni di gruppo, per la stampa. Fu
restaurata la chiesa, forse sacrificando arte
e tradizione, dissacrando tombe di frati e di
notabili del paese che da tempo riposavano in
pace…
In tutte le opere i ripesi risposero generosamente
con manovalanza gratuita e generose offerte.
Le zelatrici setacciavano anche i paesi vicini
per reperire fondi.
La loro generosità non venne meno durante
gli anni di guerra; alla comunità di
Ripa non solo non mancò il necessario
ma questa poté aiutare altre comunità
della Campania e del Lazio più colpite
dalle leggi annonarie.
Ci fu qualche giorno di panico per la presenza
dei soldati tedeschi che minacciavano di mettere
a ferro e fuoco il convento e il paese. Non
ci furono vittime e le circostanze fecero sì
che i rapporti con la popolazione fossero ancora
più cordiali. Il Convento poteva sempre
offrire un’oasi di pace. Alla generosità
dei ripesi i padri e i novizi si disobbligavano
con la preghiera; unico dono materiale era l’acqua
prodigiosa del pozzo che mai si esauriva e le
primizie del giardino, quando mani furtive non
ne impedivano la maturazione. |
La
facciata del Convento prima dei restauri |
Il
Convento oggi |
La guerra impedì che
i giovani professi dopo il noviziato potessero
raggiungere lo studentato di S. Giorgio Canadese,
perciò il Convento di S. Pier Celestino
fu per due anni studentato di filosofia e teologia
(1943-44).
Ai neoprofessi si aggiunsero alcuni scolastici
i quali per motivi di salute si trovavano fuori
sede.
Si tennero a Ripa regolari corsi di filosofia
e teologia con qualificati professori come P.
Bovenzi Gabriele, P. De Filippis Ettore, P.
Fiore Vincenzo, P. Vigliotti Giovanni, anch’essi
impediti dalla guerra di raggiungere le proprie
sedi.
Ripa poté vedere due novelli sacerdoti:
P. Candeloro Matteo, diacono nella cappella
delle Suore Battistine, 7/10/44 consacrato sacerdote
il 21/12 dello stesso anno nella chiesa dei
Cappuccini in Campobasso e P. Pompei Antonino
ordinato il 19 marzo 1944 nella Chiesa del Convento
di Ripalimosani.
Celebrazione giubilare
(maggio 1951)
L’occasione propizia
per esternare la gioia, la gratitudine, la riconoscenza
da parte di tutti, missionari e popolo, autorità
civili e religiose, fu il 25° che fu commemorato
solennemente. Il Rev.mo P. Generale volle onorare
la celebrazione con la sua presenza “per
conoscere e ringraziare quel popolo che era
stato sempre generoso con gli OMI”. Accolto
clamorosamente dal Provinciale P. Carlo Irbicella,
da una schiera di Oblati, dal venerando arciprete
D. Gaetano Sabatino, dal dottor Alessio Di Paolo
che tenne un forbito discorso di accoglienza,
dai dottori Camposarcuno e Ianigro, dal sindaco
Adolfo Tanno. Le zelatrici animarono la liturgia
con canti polifonici e l’accademia con
graziose scenette, quadri plastici e canti folkloristici.
L’in. Angiolino Camposarcuno, al pranzo
celebrativo, tesseva poeticamente la storia
del XXV e la preistoria del Convento.
Il P. Generale sigillava il suo originale discorso
in buon italiano con simpatico accento americano,
con la frase rimasta famosa: “i ripesi
mi hanno rubato il cuore!”. Durante tutta
la vita avrebbe ricordato con gioia e commozione
quella giornata.
L’on. Michele Camposarcuno, altro illustre
cittadino di Ripa, fece sì che il Convento
fosse visitato da durevoli parlamentari e finanche
da Fanfani, allora ministro dell’agricoltura,
lasciando un grazioso ricordo per la partecipazione
la ballo in piazza e per il dono di 2000 pulcini
per la sudata vittoria dello scudo crociato.
Venticinque bombe luminose furono esplose per
scandire i 25 anni e, felice coincidenza, commemorati
25 missionari all’estero che erano usciti
dal Noviziato di Ripa.
Un frutto veramente prezioso in quei giorni
l’arrivo a Ripa d i D. Leonello Berti,
sacerdote della diocesi di Fiesole, per iniziare
il suo noviziato. Egli sarà il fondatore
della Missione italiana nel Laos e poi vescovo,
ma morrà tragicamente in un incidente
aereo!
Parrocchia sì, parrocchia no!
(Clicca qui
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Il Cinquantesimo
(1926-1976)
La celebrazione del cinquantesimo
coincideva con la ricorrenza pluricentenaria
del vetusto Convento S. Celestino. Annunziata
con termini magniloquenti si è svolta
nella semplicità delle rievocazioni degli
inizi.
Sebbene difficile fare un bilancio esso si presentava
ricco di avvenimenti e di mutamenti.
La stessa presenza di molti padri, dai veterani
e pionieri, missionari prestigiosi per la lunga
attività svolta nel Molise, giovani reduci
dalle più svariate esperienze di apostolato
tornarono a Ripa “per una boccata d’aria
pura, per tornare come in sogno ai dolci ricordi
del passato!”.
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I
Novizi nell'ora dello svago |
“ Il
Gazzettino”, Organo del Centro Giovanile
Missionario e di Ripa tutta che tale unanimemente
lo ha letto, è lieto di partecipare alla
celebrazione del 50° anniversario della
venuta degli oblati nel nostro paese, con un
numero completamente dedicato alla Comunità
dei Missionari di Maria Immacolata.
Senza accenti trionfalistici, senza inutili
panegirici, privo per quanto possibile di nomi
se non per motivi statistici - perché
coloro che hanno ben operato, missionari o laici
in questi cinquanta anni, sono scritti nel cuore
di tutti e la loro attività non ha bisogno
del conforto di una citazione – ma con
semplicità, noi vogliamo ricordare un
avvenimento destinato a lasciare una traccia
indelebile nella storia di Ripa.
È un atto di doveroso omaggio, il nostro;
è un sincero ringraziamento a coloro
che hanno permesso, voluto e realizzato la nascita
di questo giornale.
È un attestato di simpatia per una Congregazione
che tanto si è adoperata per la nostra
gioventù; è una dimostrazione
d’affetto che ha sempre legato Ripa ai
Missionari.
Affetto cementato da anni di vita fatti di sofferenze,
speranze, di delusioni patite in comune, di
momenti esaltanti, di periodi di sconforto.
È un dono modesto ma sincero, improvvisato
ma affettuoso, che “il Gazzettino”
fa a questi nostri cittadini di diritto che
sono gli O.M.I. i quali meritano tale qualifica
e per il loro lavoro svolto in loco ma ancor
più per aver portato nel mondo - dalle
metropoli americane alle foreste del Laos, dal
freddo polare del nord Canada all’assolato
Ciad – il nome di questo piccolo paese,
spesso ignorato dalle carte geografiche, che
tutti li ricordano, scomparsi e vivi.
È un saluto ai Missionari Ripesi che
rappresentano la punta avanzata di Ripa in seno
all’Ordine, con dignità, con valore
e con modestia, come è costume della
nostra gente.
È un augurio a ben seguire sulla via
intrapresa con umiltà, con sacrificio;
via lastricata a volte di rinunzie, lagrime
e sangue, ma in fondo alla quale vi è
il compenso al quale mirano “gli specialisti
delle missioni”.
Il grande assente:
il Noviziato! Perché?
Più volte sono stato
chiamato in causa come il primo responsabile
del trasferimento del Noviziato da Ripa a Marino.
L’accusa viene da molti padri della Provincia
e dai Ripesi; ma non sento tanto il bisogno
di difendermi quanto di esporre i fatti come
sono avvenuti.
Premetto che se l’amputazione fu dolorosa,
lo fu soprattutto per il sottoscritto, più
di qualunque altro legato a questo Convento
e a questa gente.
Allora perché il trasferimento del Noviziato
O.M.I. da Ripa?
Il Noviziato raccoglie le nuove reclute della
Congregazione, i giovanissimi a cui dare una
formazione fondamentale per tutta la vita religiosa.
Dopo il terremoto conciliare sappiamo quali
problemi agitano la società, specie il
mondo giovanile – tempi nuovi richiedono
esperienze nuove, metodi nuovi. - Era cambiato
radicalmente il sistema di promozione vocazionale:
le scuole apostoliche morte o condannate a morire,
bisognava escogitare nuove formule se si voleva
sopravvivere.
A Marino era iniziato un esperimento col Centro
giovanile che dava segno di vitalità
e di speranza; tale centro e l’equipe
dei padri promotori reclamavano la vicinanza
del Noviziato per una più efficace collaborazione
e per un dialogo più vivo coi giovani
postulanti e coi molti visitatori interessati
all’esperimento.
Il trapianto era doloroso e volevo evitarlo
ad ogni costo. Pensavo al dispiacere del popolo
Ripese che si sentiva tanto legato alle diverse
generazioni di Novizi – amava vederli
sfilare per le vie del paese e della campagna
come grano di una corona; gustava le belle funzioni,
i bei canti – I giovani fraternizzavano
con loro e alle volte si associavano a qualche
marachella o si univano per lavori straordinari,
per preparare recite, feste religiose, gare
sportive.
Pensavo anche alla sorpresa di tanti Padri Oblati
passati per Ripa , portavano un po’ di
accento ripese dal Polo all’Africa, al
Laos: Madonne! I Nevizi e lu padre maestre,
me scine!
Mi venner alla mente le proteste, le perorazioni
e le lagrime che distolsero i Superiori nel
1937 dal trasferirlo a Onè di Fonte,
iniziando con tanta generosità i radicali
restauri al Convento, ereditato in condizioni
precarie da P. P. Francescani.
Ma nel 1968 i tempi nuovi postulavano
formazione nuova, comportavano un contatto con
specialisti nelle diverse discipline ecclesiastiche
e filosofiche, quindi vicinanza ai grandi centri
come Roma; inoltre la nuova legislazione voleva
i novizi più inseriti nella vita ecclesiale,
nella liturgia domenicale, nella pastorale,
nella catechesi,nella partecipazione attiva
a corsi di missione al popolo, mezzi che Ripa
non poteva offrire e che, almeno in parte, non
volle offrire; perché, a onor del vero,
devo aggiungere che prima della decisione furono
interpellate senza esito, la comunità
religiosa, la comunità parrocchiale e
quella diocesana nei rispettivi responsabili.
E il taglio avvenne pur doloroso ma fecondo.
Il trapianto a Marino assicurò continuità
e ripresa; una crescita che colloca il Noviziato
italiano al secondo posto dopo quello della
Polonia, additato dal Generale come modello
nella Congregazione, per uscire dalla crisi
vocazionale che affligge gli Istituti religiosi
e la Chiesa.
Si cercò di trovare un’alternativa
per il Convento di Ripa. Costretto dalle circostanze
a togliere il Noviziato, facevo vivo appello
alla Provincia O.M.I. perché apprezzasse
il sacrificio che si imponeva ai Ripesi e si
adoperassero nuovi mezzi per dare vita al Convento.
I Novizi vennero sostituiti dalle prime due
classi delle medie superiori, provenienti da
Santa Maria a Vico, ma anche premessa alla creazione
di un “Centro Giovanile”, che affiancato
a quello di Marino, potesse efficacemente preparare
giovani per il Noviziato.
L’anno successivo finiva il mio mandato,
rammaricato di non aver potuto contribuire al
consolidamento dell’esperimento. Cedo
la penna ad altri per sapere perché la
formula fallì: quali ragioni fecero morire
sul nascere quella speranza, perché al
Molise si preferì la Calabria e poi la
Sicilia. Solo chi conosce queste ragioni può
parlare di responsabilità davanti al
paese e alla Congrgazione. |
Gli
Oblati di Ripa attorno al R.mo P. Generale
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Per le vie del
mondo…
Cinquantenni di vita non sono
molti nella storia di un Istituto destinato
a vivere secoli, anzi ne costituiscono la prima
giovinezza. Ciò nonostante Ripa può
offrire una sua galleria di famiglia: figure
che andrebbero ricordate per benemerenza nei
vari campi di apostolato e come esempio di vita
alle future generazioni.
Troppo lunga sarebbe la lista se dovessimo ricordarli
tutti, perciò ci limitiamo a quelli che
maggiormente sono legati a Ripa e in qualche
modo fanno parte della sua storia.
Ricordiamo fugacemente P. Iammarino, P. Minadeo,
P. Mitri, P. Vitantonio, P. D’Errico,
P. Lanese: tutti ripesi che onorano il loro
paese natio, svolgono un lavoro qualificato
nell’insegnamento e nella pastorale.
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Una menzione
speciale merita il P. Minadeo per l’apprezzatissimo
“ Lessico del
dialetto di Ripalimosani con appendice di poesie
e prose popolari”. Egli ha meritato
il Premio Marzotto e una medaglia d’oro
dello stesso comune di Ripa.
P. Mitri, giunto ai vertici della Congregazione
come Postulatore Generale. Egli ha il grande
merito di aver portato al termine il lungo e
difficile iter della Causa del Fondatore e,
per il prestigio che gode presso altri Istituti,
porta avanti numerose cause di Santi in Italia
e all’Estero.
P. Lanese, missionario nel Texas fin dai primissimi
anni. S’è distinto in molte missioni
come fattivo restauratore, costruttore di chiese.
Da tutti stimato e amato e conosciuto come “il
padrestio bueno e carino”!.
Molti gli oblati che si sentono ripesi di adozione
e per l’anno fondamentale di formazione
religiosa durante il Noviziato o per la lunga
permanenza in questo paese.
P. Abramo per la sua lunga permanenza a Ripa
ha meritato il riconoscimento di “cittadino
onorario di Ripalimosani”.
Tra gli oblati di Ripa è degno di menzione
P. Conti Guglia Carmelo, del primo nucleo dei
Novizi del 1926. è stato Assistente Generale
ed occupa un posto rilevante negli studi sociali
e nella predicazione missionaria.
P. Zago Marcello, anch’egli Assistente
Generale, già missionario nel Laos, esperto
in studi sul Buddismo e promotore di un incontro
ecumenico di Eminenti Bonzi con la S. Sede.
Nominato Segretario nel Segretariato dei non
cristiani.
Mgr. Alessandro Stacciali, dapprima valente
missionario nel Laos, poi successore di Mgr.
Berti attualmente vescovo di Montalcino e Ausiliare
di Siena.
P. Antonio Ostan missionari di avanguardia,
il più vicino al polo. Minato nella salute
ha dovuto abbandonare le lande glaciali e rende
un valido servizio agli emigrati italiani a
Ottawa. |
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Tratto dall'articolo di P. Matteo Candeloro
nel libro:
"Ripalimosani
parole ed immagini di un mondo perduto"
di G. Tartaglia - 1984 |
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