|
|
|
|
STORIA
DI RIPALIMOSANI |
|
-
Origini
-
Toponomastica
-
Demografia
- Urbanistica
- Economia
- Successioni
feudali
- La
serie dei Sindaci
- La
serie dei Parroci
- I
personaggi storici
- 1799:
un anno drammatico per Ripalimosani |
Origini
Le origini di Ripalimosani,
paesino a 7 Km da Campobasso, risalgono a molti
secoli fa quando la zona era abitata dalle antiche
popolazioni, quali Caudini, Pentri e
Frentani, tutti genericamente indicati
come Sanniti, popolazioni di forti guerrieri.
Le prime notizie certe che testimoniano l'esistenza
del paese trovano scrittura nella "Pergamena
Montaganese" del 1039, nella quale
contiene la concessione in pieno e libero godimento,
da parte dei Principi di Benevento Pandolfo
III e Landolfo IV, a taluni forestieri
e agli abitanti, e si descrivono i confini di
Montagano, citando per ben tre volte il territorio
di "Ripae". |
|
Toponomastica
Un'antica tradizione narra
che, dopo la distruzione di Tiferno,
a causa di un violento terremoto, i cittadini
della stessa si rifugiarono a Limosano,
paese confinante. In seguito, con l'aiuto degli
abitanti di quest'ultima, venne riedificato
il paese natio e in riconoscenza del popolo
Limosanese, al nuovo nome del paese,
"Ripa", aggiunsero quello di
Limosano. Certo è che il secondo nome fu dato
assai dopo la sua fondazione per distinguerla
da altra Ripa (Ripabottoni) esistente
nello stesso Contado, non a caso, i coltissimi
Riccardo s'intitolavano semplicemente
Marchesi di Ripa. |
Demografia
Dal libro di A. Mancini
(1939) si legge: "I naturali di Ripalimosani
sono attivi, laboriosi, ed industriosi: svelti
di mente ed acuti: sobri, educati e ospitali."
Lasciando ai forestieri il commento sul nostro
carattere, nello stesso libro troviamo il numero
degli abitanti nelle varie epoche, e faceva
133 fuochi nel 1532; 151 nel 1545; 218 nel 1561;
186 nel 1648; 226 nel 1699; 3064 ab. nel 1780;
3314 nel 1795; "Qui, -disse l'abate
Longano-, tutte si maritano con dote
e senza dote, dritte o gobbe, con un occhio
o due, e d'anni forse quindici, si trovano con
figli".
Nel 1844 il censimento registra una popolazione
di 3768 ab., toccando punte di 4007 nel 1859.
In seguito incomincia a decrescere perchè molti
contadini ed artigiani emigrano nelle Americhe
e nel 1911 la popolazione si riduce a 2816 per
poi stabilizzarsi intorno ai 2500 ab. attuali. |
|
Urbanistica
Le orgini del comune di Ripalimosani
sono da far risalire all'incirca all'anno 1000,
secolo in cui venne edificato il palazzo ducale
che rappresenta ancora oggi , insieme alla chiesa,
il nucleo intorno a cui si è sviluppata l'edificazione
del borgo. Sulle origini medioevali di esso
d'altra parte, oltre alle varie notizie estrapolate
da documenti storici, ne è testimonianza la
caratteristica forma a fuso in cui da un'asse
principale che lo attraversa longitudinalmente,
l'antica via di Mezzo, ora via Sisto Giampaolo,
si dipartono vari vicoli trasversali che distribuiscono
l'accesso all'edificato. |
L'asse divideva l'abitato
in due contrade: quella degli artigiani e quella
più a valle dei contadini; ancora più a valle
inoltre c'era la zona dei gessaiuoli ed i fabbricati
attinenti al castello formavano il borgo dei
galantuomini.Il borgo degrada dal castello verso
valle e sorge su di un ripido costone arenaceo. Fu
dopo il 1600 che l'abitato incominciò a estendersi
fuori le porte (Porta Iannucci ad occidente,
Porta del Borgo ad oriente, Porta Grande o della
Chiesa a mezzogiorno), dalla parte orientale
e da quella meridionale, in prossimità della
Chiesa di S. Antonio. Ora l'abitato si va estendendo
lungo la rotabile che porta a Campobasso, con
uno sviluppo urbanistico aderente alle previsioni
dell'attuale programma di fabbricazione.
L'abitato di Ripalimosani risulta
inserito in un contesto di verde attrezzato
che avvolge la parte a monte del paese caratterizzando,
dal punto di vista ambientale, l'ambito urbano.
Il costone presenta pareti pressochè verticali
dalle cui sommità si elevano i fabbricati del
borgo. Questa circostanza conferisce una caratteristica
di notevole pregio urbanisitco poichè tali edifici,
che in alcune zone intersecano l'affioramento
roccioso, forniscono un'immagine suggestiva
e di rara bellezza tra le facciate ed il tufo
con un continuum di materiali che presentano
tonalità di colori ed un effetto cromatico di
insieme bene amalgamato. |
|
Economia
Ripalimosani era considerato
il paese delle piccole industrie, in quanto
per naturale inclinazione tutti erano dediti
al commercio. Varie erano le attività, come
le industrie del gesso, della tela, del vino,
ma quella che ha dato lustro alla storia di
Ripa e che lo ha fortemente caratterizzato per
oltre un secolo è stata l'industria del cordame.
Favorita dalla natura con ampie
cave di solfato di calcio, specie in prossimità
della stazione ferroviaria, i gessi di Ripa
venivano esportati in ogni parte dell'Italia
meridionale su centinaia di asinelli, prima,
e con tecniche di produzione e trasporti più
moderni, in un secondo tempo.
Ma il mestiere per eccellenza
a Ripa era "U
Feniere" che produceva "canape di ogni
sorte, dai fortissimi assarti agli spaghi più
sottili. I funari di Ripa giravano il mondo,
nelle più lontane parti del Regno, si trovavano
sempre; ed i prodotti, per eccellente lavorazione,
erano ricercatissimi."
La lavorazione avveniva in
un'apposita area del paese chiamata appunto
"Orto dei funai" ed in questa "singolare officina
all'aperto - scrive A. Mancini - una volta vi
giravano cinquanta ruote, e duecento persone,
tra maschi e femmine, dall'alba al tramonto,
vi si muovevano in un lavoro assiduo".
Accanto alle funi bisogna ricordare
l'altra piccola industria, più femminile, per
la fabbricazione dei panni di lana e della "tela
di casa". Ancora il Mancini scrive: "Non c'era
casa dove non vi fosse un fuso per filare la
lana. Nel 1863 vi erano, in paese, duecento
e più telai. I rotoli di tela che ne uscivano
non giacevano in attesa di compratori. Essendo
la tela assai ricercata, famiglie agiate di
Ripa e della vicina Campobasso ne compravano
tanta, da servire non solo ai bisogni di casa,
ma anche a preparare, innanzi tempo, la dote
alle future spose."
Anche se il territorio ripese
non ha una rilevante quantità di vigneti, dal
paese venivano pure esportate oltre tremila
quintali all'anno di ottimo vino, bianco o rosso,
per tutte le gradazione e per tutti i gusti,
con un sapore ed aroma che lo faceva facilmente
distinguere fra tutti.
Va ricordata inoltre, tuttora
presente, la fabbrica dei colori in contrada
Taverna del Cortile della ditta Giampaolo di
Ripalimosani e, non di meno, la manifattura
di un pane speciale che è ancora molto apprezzato
e ricercato a Campobasso. |
Successioni
Feudali
Tra le prime notizie più o
meno certe, Gianvincenzo Ciarlanti nelle sue
Memorie dà per feudatario di Ripalimosani nel
1311 Guglielmo d'Alemagna o Alemanni, oriundo
di Germania. Le notizie anteriori a questa data
hanno scarso fondamento e vanno prese con molta
cautela.
Dagli Alemagni il feudo passò
alla famiglia Aldomoresco, oriunda della Grecia,
con tre titolari: Matteo, ciambellano della
regina Giovanna I; Angelo, capitano generale
delle milizie di Re Ladislao; ed in ultimo Riccardo.
- Nel 1417 Riccardo Aldomaresco
vendè Ripalimosani a Guglielmo di Gambatesa
Conte di Campobasso. Il Gambatesa alienò seccessivamente
la terra in favore di suo fratello Carlo, Conte
di Termoli, il quale l'assegnò, in dote, alla
figlia Violante sposa di Sforza Gambacorta,
in occasione delle nozze avvenute anteriormente
al 1459.
- Nel 1495 i Gambacorta e i
Gambatesa furono privati dei loro feudi, per
fellonia, dal Re Ferrante, e Ripalimosani passò
ad Andrea di Capua Duca di Termoli.
- Nel 1516 o 17 Marino Mastrogiudice
acquistò il feudo da Ferrante, figlio di Andrea
di Capua, divenendo signore di Ripa col titolo
di Marchese. Il Mastrogiudice restaurò ed ampliò
il vecchio palazzo e sul portale di esso fece
murare una scritta datata 1521. A Marino successe
Fabio il quale, per debiti, fu costretto, nel
1539, a vendere il feudo col patto di riscatto.
Acquirente fu Giovanvincenzo del Tufo, ma trascorsi
pochi anni i Matrogiudice, avvalendosi del patto,
lo riacquistarono per poi rivenderlo definitivamente
nel 1559.
- Nel 1559 Ripalimosani fu
venduta quindi da Isabella Mastrogiudice a Nicola
Francesco di Costanzo.
- Nel 1584 Fulvio, figlio e
successore di Nicola Francesco, vendè la terra
a Giovannantonio di Stefano.
- Nel 1596 il di Stefano lo
assegnò al proprio figlio Salvatore in occasione
delle nozze con Violante di Sangro.
- Agli inizi del secolo XVII
Salvatore di Stefano vendè Ripa ai Riccardo,
illustre famiglia patrizia con componenti di
alte dignità ecclesiastiche e civili.
- Nel 1616 a Fabio Riccardo,
Marchese del feudo, nonché fratello di Giulio
Cesare Riccardo arcivescovo di Bari, deceduto,
gli successe il figlio Francesco Maria ed a
costui il fratello Girolamo. La famiglia Riccardo
curò la manutenzione e l'allestimento del palazzo
arricchendolo di una torre sulla cui facciata
fece murare una scritta datata 1609. Fece scavare
inoltre anche un pozzo nel chiostro, tramandandone
ai posteri il ricordo con una scritta datata
1626.
- Nel 1647 e 1648 Guglielmo
Riccardo vendè il feudo a Francesco Capecelatro,
Marchese di Lucito, con diritto di riscatto,
il quale tornò successivamente in possesso e
lo lasciò in eredità alla sorella, andata in
sposa ad un Castrocucco.
- Dal 1669 al 1770 la famiglia
Castrocucco, d'origine francese, possedette
il feudo fino a Caterina Castrocucco che andò
in sposa a Ottavio Mormile, già Duca di Campobasso
e di Castelpagano. La famiglia Mormile ebbe
tre Marchesi di Ripalimosani: Ottavio, Nicola
ed Ottavio jr. Nicola fu l'ultimo titolare di
fatto, fino al 2 agosto del 1806 con la soppressione
della feudalità, ed Ottavio jr. conservò il
titolo di Marchese, ma non avendo più nulla
da rappresentare vendè tutte le sue terre a
particolari di Ripa; quelle usurpate furono
rivendicate dalla Università. |
La
serie dei sindaci
Giampaolo Giacinto (1806-09);
Marinelli Gennaro (1810); Cannavina Teodosio
(1811-12); Giampaolo Giacinto (1813-14); De
Marco Domenico (1815-16); Giampaolo Nicola (1817-19);
Iammarino Alessio (1820-22); Rateni Nicola (1823);
Giampaolo Giacinto (1824-25); De marco Domenico
(1826-28); Rateni Nicola (1829-31); Marinelli
Luigi (1832-37); Cannavina Achille (1838-40);
Cannavina Domenico (1841-43); Giampaolo Gaetano
(1844-46); Marinelli Luigi (1847-52); Iammarino
Francesco (1853-55); Marinelli Luigi (1856-58);
Cannavina Nicolangelo (1859); Giampaolo Giovanni
(1860-63); Pace Nicolangelo (1864-66); Ferrante
Angelo (1867-70); Cannavina Nicolangelo (1871-1901);
Giampaolo Gaetano fu Paolo (1902-04); Bracone
Francesco Comm. R. (1905); Giampaolo Gaetano
fu Paolo (1905-14); Giampaolo Pietro (1914-20);
Longano Antonio (1921); Tanno Giovanni (1922-26);
Tedeschi Domenico - podestà; Ferrante Gaetano
- podestà; Iammarino Desiderio - podestà; Di
Paola Antonio; Giampaolo Sisto Comm. (1946);
Tanno Adolfo (1946-1952); Di Paola Alessio (1952-56);
Minadeo Atinio (1956-60); D'Errico Guglielmo
(1960-64); Vitantonio Nicolino (1964-70); Marinelli
Davide (1970-75); Iafelice Giuseppe (1975-80;
1980-85; 1985-90); Cannavina Giuseppe (1990-95);
Tudino Gaetano (1995-99); Di Nobile Giuseppe
(1999-2004; 2004-09); Petti Paolo (2009-...). |
La
serie dei Parroci
D'Eramo Angelo (1463-65; Palermo
... (1465-?); Camerano Giovanni di Campobasso
(1571-1615); Fiscarelli Lorenzo (1616-19); Fiscarelli
Tommaso (1619-23); Presutti Nicolantonio (1623-?);
De Luca Giambattista (1625-26); De Luca Giovannantonio
(1626-47); Giampaolo Giambattista (1647-71);
Giampaolo Carlo (1671-87); Giampaolo Giuseppe
(1688-96); De Bartolomeis Nicola (1697-1727);
De Sebastianis Alessandro (1727-32); Zantonelli
Angelo di Campobasso (1732-37); De Camillis
Sisto di Colledanchise (1737-45); Ferrante Michele
(1745-71); Rateni Luca (1771-75); Longano Pietro
(1782-1802); Giampaolo Paolo (1803-16); De Luca
Antonio Maria (1818-43); Giampaolo Francesco
(1843-55); Minadeo Domenico (1856-66); Minadeo
Gaetano (1874-83); Minadeo Nicola (1883-1918);
Sabatino Gaetano (1918-60); Perrella Vittorio
(1961-78); P. Paolo Miceli - O.M.I. (1978-84);
P. Antonio Marton - O.M.I. (1984-88); P. Saverio
Calabrese - O.M.I. (1988-92); P. Domenico Vitantonio
- O.M.I. (1992-2003); P. Aniello Rivetti - O.M.I.
(2003-2012); Don Moreno Ientilucci (2012-...).
|
|
|
|
|
|
|
|