Comune di Ripalimosani (CB)
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P. MATTEO CANDELORO
 

Padre Matteo Candeloro, nato il 26 dicembre 1919 a Casalnuovo Monterotaro (Foggia), muore l’8 marzo 1999 in seguito ad un incidente stradale avvenuto a Pescara.
“Viva sensibilità e affettività. Immaginazione vivace. Forte volontà. Carattere serio, calmo… Socievole e caritatevole, amante della vita comune: soffre un poco del carattere vivace e risentito”. Così lo descrive p. Vincenzo Anzalone nelle note per i primi voti nel 1938.
In una lettera in cui si firma “sfollato di S. Giorgio Canadese”, il 3 ottobre 1944 scrive: “Domenica prossima, 8 c.m., sarò diacono. Se sapesse quante volte ho battuto la via di Campobasso e non di rado con vento e pioggia, digiuno perché andavo con la speranza di essere ordinato. Mentre il vescovo rimandava, non per colpa sua, giorno per giorno la sua venuta! Ma pazienza! Meglio tardi che mai. Il Signore ha voluto questo ritardo acciocchè mi preparassi meglio; però spero di essere più fortunato per il Sacerdozio”.

Qualche giorno prima dell’Ordinazione sacerdotale scriveva al padre Provinciale: “Benché fossi quasi sicuro del lieto annunzio, pure esso mi ha causato una gioia inesprimibile.
La ringrazio vivamente di quanto ha fatto per ottenermi l'indulto. Mi perdoni se qualche volta sono stato impaziente del ritardo, perché adesso comprendo tutte le difficoltà che Lei con tanta attività e bontà ha dovuto superare.se il solo pensiero del Sacerdozio, negli anni passati, fu sorgente di profonde consolazioni spirituali, adesso che sta per impossessarsi di me, queste consolazioni sono al colmo. Non ignoro i doveri, conosco le responsabilità e questo pensiero mi fa tremare. Mi ispirano fiducia i Superiori che sono stati e saranno mia guida, la Regola che mi dà tanti mezzi per vivere da degno Sacerdote, l'amore tenero e materno di Maria che mi garantisce la perseveranza se sarò a Lei fedele".
Il 25 aprile 1945, in occasione della prima obbedienza, scrive sempre al Provinciale. "Se deve uscire qualcuno dei nostri dall'Italia vorrei essere il primo. Non nascondo le difficoltà ma presento le soluzioni. Prima di tutto l'ostacolo della famiglia che non ne vuol sentire parlare: però i vecchi genitori da buoni cristiani dopo i fatti si rassegneranno. Da parte mia sento più accentuato il martirio del cuore. Ma anche questo saprò dominarlo con la grazia di Dio, e con la gioia, perché penso che non ci può esser una virtù senza sacrificio. E davanti alla salvezza dell'anima e quella degli altri cade ogni motivo umano. Una terza difficoltà è il mio stato di salute che diventa sempre più allarmante.Se la predestinazione mi destinasse per l'Italia, non ho preferenze da fare. Ogni ministero mi si presenta come sublime: sono tutte opere di Dio e quindi farò tutto con entusiasmo".
In un articolo apparso su "Il Gazzettino" del 1995, in occasione del suo 50° di sacerdozio, si scriveva: "Ecco il motivo della gioia che ci trova riuniti qui, intorno all'altare di Dio, per ringraziarlo insieme a te, del grande dono che ti ha fatto: essere continuatore di Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote, per tutti questi anni!. Sono io, quest'oggi, a farmi interprete dei sentimenti di tutti i presenti. Io, amico d'infanzia, dello stesso paese che ci ha visti nascere e crescere all'ombra della Chiesa e della nostra bella Madonna della Rocca.Poi quasi contemporaneamente, insieme ad altri nostri compagni, abbiamo risposto coralmente all'appello divino e siamo entrati negli anni '30 nella scuola apostolica degli Oblati a S. Maria a Vico.
Così, successivamente, nel silenzio, nello studio e nella preghiera, ben coscienti di seguire il nostro ideale religioso e sacerdotale, abbiamo raggiunto le rispettive tappe di formazione, sia al Noviziato di Ripa che allo Scolastico di S. Giorgio Canadese (Torino).
La lunga guerra del '40-45, in una maniera o nell'altra ci ha separati, per ritrovarci nuovamente a Ripa a terminare i nostri studi, col sottofondo del rombo del cannone che tuonava ancora in lontananza.
Proprio in questo periodo di dolore e di sangue, sono stato presente alla tua Ordinazione, in quel lontano 21 dicembre 1944, quando Mons. Alberto Carinci, Arcivescovo di Campobasso, ti consacrò Sacerdote in eterno, nella Chiesa del S. Cuore ai Cappuccini.
Iniziò presto la tua attività sacerdotale e religiosa. Ti hanno incaricato dei nostri Aspiranti Missionari a Onè di Fonte (Treviso).
Soggiornasti, ricordo, per poco anche a Firenze, per ripartire per Roma, inviato a specializzarti in musica sacra, uscendone - in un secondo tempo - laureato in musica e canto gregoriano al "Santa Cecilia". Poi vennero "gli anni di piombo" e, in mezzo ad enormi difficoltà, ti affidarono la guida della Provincia religiosa italiana. Diverso però era il progetto di Dio su di te e così fosti destinato a guidare la Comunità oblata di Ripa. Qui, con la tua bontà e con la tua discrezione, sei entrato nelle case e nel cuore dei Ripesi, che non ti hanno più mollato e dimenticato.
Seguisti un nuovo invito a raggiungere Roma come Superiore di una seconda Comunità, sempre a Via dei Prefetti.
Le tue capacità e la tua ferrea volontà, dopo un breve arresto (anche la musica ha le sue pause!) furono evidenziate dai nostri Superiori Maggiori, i quali ti destinarono come Superiore a Maddaloni (Caserta). Intraprendente e fattivo, fiducioso nella divina Provvidenza, hai avuto modo di realizzare una radicale trasformazione, riadattando i locali del 'vecchio carcere' in una casa per i Missionari Oblati, decorosa e funzionale 'un vero gioiello!' (l'han definito).
Però non hai potuto goderne i frutti a lungo e, disponibile come sempre, accettasti di recarti nuovamente a Roma, via dei Prefetti, per ammodernare anche quella casa, così frequentata e nel centro della città.
Una volta sistemato tutto, ecco improvvisa una nuova proposta dall'alto: raggiungere S. Prisco e, successivamente dopo spiacevoli incomprensioni, sei tornato a Ripa.

La tua vita è un vero romanzo!

Da Ripa eri partito e a Ripa sei approdato, con il peso dei tuoi 75 anni, che non hanno tolto smalto alla tua vivacità e alle tue inventive nell'apostolato.Ti sei realizzato secondo l'espressione di S. Paolo a Tito, come "Uomo di Dio" per la tua vocazione; come "Uomo degli uomini" per l'apostolato in ogni ambiente; come "Uomo della Chiesa" per la tua preghiera.Con il tuo carattere sereno e arrendevole, nel contatto con le persone dei ogni livello, ti sei "fatto tutto a tutti" in ogni ambiente, lasciando in tutti il desiderio di rivederti e di godere della tua amicizia."