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"U'
FENIERE" |
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Dalle
opere di Francesco
Longano, scrittore ripese, sappiamo che
egli era figlio proprio di un funaio Vito Longano.
L'anno di nascita del letterato, il 1728 ci
lascia di conseguenza intuire che agli inizi
del 1700 il mestiere era già presente
in Ripalimosani. La testimonianza ufficiale
più antica a nostra disposizione è
un documento datato 14 Marzo 1810, contenuto
presso l'Archivio di Stato di Campobasso: si
tratta di una lettera spedita dal giudice di
pace di Ripalimosani all'Intendenza di Molise
in cui si espone un quadro della situazione
economica ripese dalla quale risulta che la
lavorazione della canapa è già
molto diffusa, lavorata in diversi modi e venduta
anche fuori regione. La produzione di cordame
ha coperto tutto il XIX secolo protraendosi
fino ad oltre la metà del secolo successivo.
Il culmine dell'attività fu raggiunto
nei primi decenni del '900, quello che si può
definire il "periodo d'oro" di questo
mestiere. L'attrezzo fondamentale di lavoro
era una grossa ruota "a rote"
in legno sistemata all'aperto sopra un altrettanto
massiccio supporto. |
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Per fabbricare
le corde l'artigiano aveva bisogno di un lungo
corridoio di terreno, dove egli camminava in
avanti e a ritroso durante la trasformazione
della canapa in corda. Le numerose ruote, se
ne contavano oltre cinquanta, erano affiancate
l'una all'altra, in un'area del paese denominata
conseguentemente "Orto dei Funai". |
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I funai di
Ripa si rifornivano di canapa grezza nel mese
di Agosto a Fratta Maggiore e Cava dei Tirreni;
il Mancini informa che nel '700 e nell'800,
prima dell'apertura della strada sannitica si
acquistava canapa anche a Sepino e a San Giuliano,
paesi limitrofi, ma la qualità era decisamente
più scadente di quella coltivata in terra
partenopea. |
Negli anni più fiorenti
della loro attività arrivarono ad acquistarne
fino a 1500 quintali. Portata a Ripa la canapa
veniva pettinata affinata con gli "sckarde
kennevune" (serie di uncini) che
servivano per separare la parte grossa dalla
fine e poi si biancheggiava e ammorbidiva. Il
sistema per tale operazione era davvero curioso:
dentro una speciale stufa a grate, si accendeva
dello zolfo il cui fumo veniva convogliato in
un abitacolo chiuso nel quale era disposta la
canapa. Filata la canapa, si iniziava la lavorazione:
il filo sottile veniva legato al race che si
trovava sul "kape",
specie di tabella di legno sulla quale erano
fissati, secondo lo spessore della corda da
fare, quattro o sei o otto "race"
cioè rocchetti di legno girevoli, forniti
di un anello fissi in cima. |
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Fissati i capi
dei fili a questi anelli, per filarli occorreva
girare la ruota collegata ai race con delle
sottili corde. |
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Come girava
la ruota e giravano i rocchetti, il funaio univa
i vari capi di canapa percorrendo a marcia indietro
una certa lunghezza del gradone, passando tra
i capi "u mezzuole"
che aiutava a ritorcere i fili.
"U mezzuole"
é un pezzo di legno cilindrico con quattro
scanalatura ai lati che, come già detto,
serve da guida al funaio quando intreccia vari
fili di spago per formare la fune.
Fatte le funi le si abbelliva
e lisciava prima con una pezza di lana intrisa
d'acqua e poi con una pezza di lino per dare
lucentezza al prodotto stesso.
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