Storia
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- 1799: un anno drammatico per Ripalimosani
L'antico stemma dell'Università
Dominazioni territoriali nella storia
- Intorno al V secolo a.C. il territorio di Ripalimosani rientrava nella regione dei Sanniti (Sannio) sotto la tribù dei Pentri con capitale Bovianum (l'odierna Bojano);
Guerrieri Sanniti da una tomba di Nola - © wikipedia
Limiti della tribù dei Pentri
© molise2000.wordpress.com
- Dalla terza guerra sannitica (298-290 a.C.) i Sanniti furono definitivamente sottomessi a Roma ma non deposero mai le armi. Popolo indomito, fiero e combattente, non perdeva mai occasione per scendere in guerra contro le legioni romane usando anche le tecniche della guerriglia, pur di difendere i loro sacri valori di libertà e democrazia, fino alla battaglia di Porta Collina (82 a.C.) dove i Pentri persero contro il generale romano Silla alle porte di Roma. La sconfitta fu drammatica, Silla fece sgozzare tutti i prigionieri Pentri (circa ventimila) e procedette alla soluzione finale del genocidio dell'intera etnia.
Dopo alcuni decenni di completa desolazione nel territorio Pentro, la regione fu pian piano ripopolata con colonie romane e ricostruite le principali città ma rimase per sempre la meno urbanizzata anche per via della povertà agricola delle terre prevalentemente montagnose. - Sotto l'impero di Augusto (27 a.C. - 14 d.C.) il territorio italiano per la prima volta fu diviso in regioni rispettando le antiche etnie che vi abitavano (divisione molto simile a quella attuale). Il territorio di Ripalimosani rientrava nel Municipio di Bovianum della Regio IV Samnium;
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La suddivisione delle Regioni Romane nel territorio italiano - © wikipedia
- Dal 493 d.C. nel Regno degli Ostrogoti;
- Dal 536 nell'Impero Bizantino;
- Dal 590 nel Ducato di Benevento (signoria Longobarda detta Langobardia Minor);
- Dal 774 nel Principato di Benevento - sotto il Gastaldato di Bojano.
Le prime notizie certe che testimoniano l'esistenza di Ripalimosani trovano scrittura nella "Pergamena Montaganese" del 1039, nella quale contiene la concessione in pieno e libero godimento, da parte dei Principi di Benevento Pandolfo III e Landolfo VI, a taluni forestieri e agli abitanti, e si descrivono i confini di Montagano, citando per ben tre volte il territorio di "Ripae";
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La Pergamena Montaganese
- Dal 1059 nel Ducato di Puglia e Calabria (signoria Normanna) - sotto la Contea di Bojano;
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La Contea di Bojano - © molise2000.wordpress.com
- Dal 1130 nel Regno di Sicilia (dinastie Altavilla, Sveva, Angioina) - sotto la Contea (divenuta poi Contado) di Molise;
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Il Contado di Molise - © wikipedia
- Dal 1302 nel Regno di Napoli (dinastie Angioina, d'Aragona);
- Dal 1504 nel Vicereame del Regno di Napoli dipendente dal Regno di Spagna (dinastie d'Aragona, Asburgo di Spagna, Borbone di Spagna);
- Dal 1713 nel Vicereame del Regno di Napoli dipendente dal Sacro Romano Impero (dinastia Asburgo d'Austria);
- Dal 1735 nel Regno di Napoli (dinastia dei Borbone);
- Dal 1806 nel Regno di Napoli dipendente dall'Impero Francese (regnanti Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat) - sotto la Provincia di Molise con capoluogo Campobasso;
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La Provincia di Molise
- Dal 1816 nel Regno delle Due Sicilie (dinastia dei Borbone);
- Dal 1861 nel Regno d'Italia (dinastia dei Savoia);
- Dal 1946 a oggi nella Repubblica Italiana - sotto la Regione Abruzzi e Molise e poi Regione Molise istituita nel 1963.
della Regione Abruzzi e Molise
Antonino Mancini [Ripalimosani appunti e note di storia paesana, 1939] riporta invece il numero degli abitanti nelle varie epoche, e faceva 133 fuochi (famiglie) nel 1532; 151 nel 1545; 218 nel 1561; 186 nel 1648; 226 nel 1699; 3064 abitanti nel 1780; 3314 nel 1795.
Nel 1844 il censimento registra una popolazione di 3768 abitanti, toccando punte di 4007 nel 1859. In seguito incomincia a decrescere perchè molti contadini ed artigiani emigrano nelle Americhe e nel 1911 la popolazione si riduce a 2816 per poi stabilizzarsi intorno ai 3000 abitanti attuali.
Le orgini del comune di Ripalimosani sono da far risalire all'incirca all'anno 1000, secolo in cui venne edificato il palazzo ducale che rappresenta ancora oggi, insieme alla chiesa, il nucleo intorno a cui si è sviluppata l'edificazione del borgo. Sulle origini medioevali di esso d'altra parte, oltre alle varie notizie estrapolate da documenti storici, ne è testimonianza la caratteristica forma a fuso in cui da un'asse principale che lo attraversa longitudinalmente, l'antica via di Mezzo, ora via Sisto Giampaolo, si dipartono vari vicoli trasversali che distribuiscono l'accesso all'edificato.
Ripalimosani era considerato il paese delle piccole industrie, in quanto per naturale inclinazione tutti erano dediti al commercio. Varie erano le attività, come le industrie del gesso, della tela, del vino, ma quella che ha dato lustro alla storia di Ripa e che lo ha fortemente caratterizzato per oltre un secolo è stata l'industria del cordame.
Favorita dalla natura con ampie cave di solfato di calcio, specie in prossimità della stazione ferroviaria, i gessi di Ripa venivano esportati in ogni parte dell'Italia meridionale su centinaia di asinelli, prima, e con tecniche di produzione e trasporti più moderni, in un secondo tempo.
Ma il mestiere per eccellenza a Ripa era "U Feniere" che produceva "canape di ogni sorte, dai fortissimi assarti agli spaghi più sottili. I funari di Ripa giravano il mondo, nelle più lontane parti del Regno, si trovavano sempre; ed i prodotti, per eccellente lavorazione, erano ricercatissimi."
La lavorazione avveniva in un'apposita area del paese chiamata appunto "Orto dei funai" ed in questa "singolare officina all'aperto - scrive A. Mancini - una volta vi giravano cinquanta ruote, e duecento persone, tra maschi e femmine, dall'alba al tramonto, vi si muovevano in un lavoro assiduo".
Orto dei Funai nel 1911 - (Archivio Iammarino)
Accanto alle funi bisogna ricordare l'altra piccola industria, più femminile, per la fabbricazione dei panni di lana e della "tela di casa". Ancora il Mancini scrive: "Non c'era casa dove non vi fosse un fuso per filare la lana. Nel 1863 vi erano, in paese, duecento e più telai. I rotoli di tela che ne uscivano non giacevano in attesa di compratori. Essendo la tela assai ricercata, famiglie agiate di Ripa e della vicina Campobasso ne compravano tanta, da servire non solo ai bisogni di casa, ma anche a preparare, innanzi tempo, la dote alle future spose."
Anche se il territorio ripese non ha una rilevante quantità di vigneti, dal paese venivano pure esportate oltre tremila quintali all'anno di ottimo vino, bianco o rosso, per tutte le gradazione e per tutti i gusti, con un sapore ed aroma che lo faceva facilmente distinguere fra tutti.
Va ricordata inoltre la fabbrica dei colori in contrada Taverna del Cortile della ditta Giampaolo di Ripalimosani e, non di meno, la manifattura di un pane speciale che è ancora molto apprezzato e ricercato a Campobasso.
Tra le prime notizie più o meno certe, Gianvincenzo Ciarlanti nelle sue Memorie dà per feudatario di Ripalimosani nel 1311 Guglielmo d'Alemagna o Alemanni, oriundo di Germania. Le notizie anteriori a questa data hanno scarso fondamento e vanno prese con molta cautela.
Dagli Alemagni il feudo passò alla famiglia Aldomoresco, oriunda della Grecia, con tre titolari: Matteo, ciambellano della regina Giovanna I; Angelo, capitano generale delle milizie di Re Ladislao; ed in ultimo Riccardo.
- Nel 1417 Riccardo Aldomaresco vendè Ripalimosani a Guglielmo di Gambatesa Conte di Campobasso. Il Gambatesa alienò seccessivamente la terra in favore di suo fratello Carlo, Conte di Termoli, il quale l'assegnò, in dote, alla figlia Violante sposa di Sforza Gambacorta, in occasione delle nozze avvenute anteriormente al 1459.
- Nel 1495 i Gambacorta e i Gambatesa furono privati dei loro feudi, per fellonia, dal Re Ferrante, e Ripalimosani passò ad Andrea di Capua Duca di Termoli.
- Nel 1516 o 17 Marino Mastrogiudice acquistò il feudo da Ferrante, figlio di Andrea di Capua, divenendo signore di Ripa col titolo di Marchese. Il Mastrogiudice restaurò ed ampliò il vecchio palazzo e sul portale di esso fece murare una scritta datata 1521. A Marino successe Fabio il quale, per debiti, fu costretto, nel 1539, a vendere il feudo col patto di riscatto. Acquirente fu Giovanvincenzo del Tufo, ma trascorsi pochi anni i Matrogiudice, avvalendosi del patto, lo riacquistarono per poi rivenderlo definitivamente nel 1559.
Marinus Magistriiudicis hanc arcem - Vetustate quassam in hanc magnitudie
Cultuque a fundamentis restituit - Anno redemptionis nostrae MDXXI
(Castello Marino Mastrogiudice distrutto anticamente fu riportato alla sua grandezza dalle fondamenta -
anno della nostra ricostruzione 1521)
- Nel 1559 Ripalimosani fu venduta quindi da Isabella Mastrogiudice a Nicola Francesco di Costanzo.
- Nel 1584 Fulvio, figlio e successore di Nicola Francesco, vendè la terra a Giovannantonio di Stefano.
- Nel 1596 il di Stefano lo assegnò al proprio figlio Salvatore in occasione delle nozze con Violante di Sangro.
- Agli inizi del secolo XVII Salvatore di Stefano vendè Ripa ai Riccardo, illustre famiglia patrizia con componenti di alte dignità ecclesiastiche e civili.
- Nel 1616 a Fabio Riccardo, Marchese del feudo, nonché fratello di Giulio Cesare Riccardo arcivescovo di Bari, deceduto, gli successe il figlio Francesco Maria ed a costui il fratello Girolamo. La famiglia Riccardo curò la manutenzione e l'allestimento del palazzo arricchendolo di una torre sulla cui facciata fece murare una scritta datata 1609. Fece scavare inoltre anche un pozzo nel chiostro, tramandandone ai posteri il ricordo con una scritta datata 1626.
- Nel 1647 e 1648 Guglielmo Riccardo vendè il feudo a Francesco Capecelatro, Marchese di Lucito, con diritto di riscatto, il quale tornò successivamente in possesso e lo lasciò in eredità alla sorella, andata in sposa ad un Castrocucco.
- Dal 1669 al 1770 la famiglia Castrocucco, d'origine francese, possedette il feudo fino a Caterina Castrocucco che andò in sposa a Ottavio Mormile, già Duca di Campobasso e di Castelpagano. La famiglia Mormile ebbe tre Marchesi di Ripalimosani: Ottavio, Nicola ed Ottavio jr. Nicola fu l'ultimo titolare di fatto, fino al 2 agosto del 1806 con la soppressione della feudalità, ed Ottavio jr. conservò il titolo di Marchese, ma non avendo più nulla da rappresentare vendè tutte le sue terre a particolari di Ripa; quelle usurpate furono rivendicate dalla Università.
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